Ne parliamo insieme a Francesca Castro, psicoterapeuta
Cosa è davvero importante per essere felici in una relazione sentimentale?
E come possiamo contribuire ad alimentare un rapporto sano con il nostro partner o la nostra partner?
Naturalmente la premessa è che le prime risposte vadano cercate dentro noi stessi, sulla base di ciò che ha reso unico l’incontro e la relazione con il nostro partner; tuttavia, per aprire la riflessione, torniamo un attimo a Zygmunt Bauman, di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo: secondo Bauman, i rapporti umani si sono liquefatti, cioè sciolti in relazioni ambivalenti, per cui da un lato abbiamo la tendenza ad instaurare rapporti duraturi per arginare la nostra solitudine e, dall’altro, abbiamo il timore di restarne prigionieri.
E qui la domanda sorge spontanea: “Dottore, c’è una cura?” … ☺
Lo abbiamo chiesto alla bravissima psicoterapeuta Francesca Castro.
Francesca, cos’è l’innamoramento?
Per definizione, l’innamoramento è un sintomo “normale”, cioè l’attivazione di meccanismi di proiezione e di idealizzazione che in altri contesti definiremmo deliranti, mentre quando ci si innamora diventano fisiologici. Scherzando, con i pazienti la chiamo “la sindrome di Superman e di Wonder Woman”. Quante volte, viene da dire, della persona di cui si è infatuati, “è proprio uguale a me”, oppure “pensiamo le stesse cose” …
La notizia è: non è vero!
Quella è semplicemente la fase dell’innamoramento; sono le nostre proiezioni a parlare ed hanno poco a che fare con quel poveretto o quella poveretta che ci troviamo davanti; tuttavia, niente, paura, poi passa, non vi preoccupate!
L’amore funziona invece su un altro livello: è legato alla conoscenza dell’altro su un piano di realtà, è ciò che provo per la persona così come è: ammaccata, complessa, diversa e non completamente prevedibile o controllabile.
Ed è proprio nel momento in cui riusciamo ad accettare che l’altro è portatore di un enigma che non saremo noi a risolvere, di una imprevedibilità che non saremo noi a controllare, è solo allora che ci troviamo a costruire qualcosa sul terreno della fiducia.
In questo senso, dobbiamo riconoscere che lo slancio ideale porta ad un desiderio di progettualità che rimanda al “per sempre”, che tuttavia è una dimensione non governabile in realtà dalla mente umana: perciò, quando si dice “ti amerò per sempre”, si sta in realtà parlando di una speranza, e non di una promessa… Ho risposto?!?
Direi proprio di sì, molto interessante. Ovviamente il ragionamento è solo all’inizio e dovremo tornarci su.
La seconda questione su cui vorrei invece soffermarmi un momento è se esista davvero una differenza significativa tra uomo e donna quando ci si accosta a un tema come questo.
Perché non vorrei circoscrivere questo tipo di riflessione a un problema femminile e più in generale perché, qui a JustLife, il dialogo tra i generi - e ancora di più una riflessione, quando possibile, trans-genere cioè attraverso i generi, al di là delle differenze che ci sembra di intravedere – è un elemento molto importante e che intendiamo proporre ogni volta che ci sarà possibile.
Ad esempio, nel libro “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere”, scritto da John Gray - noto per i suoi studi psicologici sulle problematiche delle relazioni sentimentali uomo-donna -, c’è una frase che colpisce molto: “L'amore ha qualità magiche e può durare, se non dimentichiamo le differenze esistenti fra i sessi”. Per quanto mi riguarda mi incuriosisce sempre capire come lavora la psiche di un uomo e di una donna e se ci siano oggettive differenze tra i due mondi nell’approccio alle relazioni.
Dato che noi di JustLife amiamo tenerci a distanza (e al riparo) dai cliché e dalle visioni eccessivamente tradizionaliste, diciamo subito che, come prima cosa, vorremmo metter da parte alcuni stereotipi di genere, tipo: “le donne sono dipendenti e fedeli” mentre “gli uomini scappano e non vogliono farsi prendere”. Capisco che ancora oggi capiti di avere amiche e amici alle prese con discorsi del genere, ma qui vorremmo provare da subito ad andare oltre.
So bene che in realtà spesso capiti anche questo, con amiche che vivono situazioni di dipendenza e invischiamento, tuttavia capita di frequente anche agli uomini di non riuscire a sfilarsi da una relazione ormai sterile, se non addirittura “malata”, quindi mi pare di poter escludere la possibilità di essere in presenza di una distinzione di genere.
Forse ha più senso interrogarci su differenze più profonde che riguardino “il funzionamento della macchina” e indubbiamente uomini e donne sono macchine diverse, essendo per noi questo un valore: allora ecco, forse si possono individuare diversità nell’approccio mentale in senso generale, se pensiamo alle motivazioni profonde, a ciò che appare prioritario in un bambino che poi diviene adolescente e uomo, e che può non esserlo nel percorso di crescita e sviluppo di una ragazza.
Pensiamo anche alle paure profonde, al timore della solitudine, alle insicurezze, all’autostima, insieme ai valori che la famiglia tradizionale e la società inculca nelle teste di bambine e bambini…
Tanta roba, giusto, Francesca?
Assolutamente sì, tantissima roba! Il percorso che definisce ciascuno di noi come genere maschile e femminile non è affatto scontato, essendo basato sulle esperienze che abbiamo avuto, sul modo in cui abbiamo costruito la nostra identità e ovviamente sul rapporto con i nostri genitori (siiii, l’Edipo!!!!). La cultura in cui cresciamo ha un ruolo determinante e non sempre positivo, considerando che ci indica cosa è desiderabile e cosa non lo è, ma spesso “installa” nella nostra mente una serie di credenze su cosa gli altri si aspettano da noi; e allora finiamo per comportarci in base a cosa noi crediamo che gli altri vogliano da noi, anziché valutare liberamente, di volta in volta, cosa una determinata situazione può richiederci o significare, quali sono i nostri bisogni, i nostri desideri… Ed è anche per queste ragioni che molte persone purtroppo perseverano in “corto circuiti” affettivi che le fanno sentire sempre inadeguate, indesiderabili, non amate.
E quindi sì, in effetti, tanta, tanta, roba!
Ok, quindi proviamo ad approfondire ancora un po’.
Io ho sempre dato quasi per scontato che le differenze individuali siano sempre maggiori rispetto alle differenze di genere, che quindi si possa parlare di “meccanismi appresi” più che di attitudini innate, di differenze tra i generi date dalla cultura e dai valori familiari; tuttavia c’è una cosa che mi sono sempre chiesta, al di là dei gusti personali e delle diverse inclinazioni, e cioè se in fondo in fondo ci sia qualche reale differenza nelle vite sentimentali di un uomo e di una donna. Esiste davvero?
In effetti c’è differenza tra la posizione maschile e quella femminile, rispetto al modo in cui si sta al mondo, e quindi rispetto al sentire, al valutare e processare le esperienze, e di conseguenza anche nella vita sentimentale.
Parlo però di “posizione” maschile e femminile perché sto parlando di categorie psicologiche e non di dati biologici: sin dagli albori della psicanalisi, è stato riconosciuto che l’essere umano è abitato da “funzioni” mentali che hanno a che fare con il maschile, ed altre che hanno a che fare con il femminile. In due parole, non me ne vogliano i colleghi per le semplificazioni, la posizione femminile attiene alla disponibilità all’accoglienza, all’incontro con l’ignoto, il non conosciuto, la capacità di stare a contatto con l’enigma.
Si pensi al funzionamento biologico dell’apparato sessuale, del ciclo mestruale, della gravidanza, per cui il femminile si posiziona da subito in relazione ad un sentire che ha a che fare con l’intuizione più che con l’evidenza. La posizione maschile ha invece a che fare con la reattività intesa come apertura al mondo e come gestione dell’equilibrio tra il desiderio e la funzione normativa. Per dare una suggestione, Ulisse che per ascoltare il canto delle sirene si fa legare all’albero maestro della sua nave, è una bella rappresentazione della posizione maschile, sospesa tra la curiosità e l’esplorazione da un lato, la legge ed il dovere dall’altro.
Queste due posizioni, in modi e intensità diverse, coabitano dentro la nostra mente, al di là del fatto di essere uomini o donne. Certo, poi i pregiudizi sociali e i dogmi culturali tendono a irreggimentare, e a ridurre le differenze a meri stereotipi di genere, quindi “la donna è quella sensibile” e “l’uomo non deve chiedere mai” … Ma tutto questo, se non fosse drammatico, farebbe anche un po’ ridere!
Grazie a Francesca Castro, allora, che ci ha dato tantissimi spunti e portato parecchio più in là con la riflessione.
Ovviamente ci torneremo su.
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