di Nadia Lucia Cerioli
A proposito di ambiente, salute, benessere e le loro connessioni, il 19 maggio è stato pubblicato il nuovo rapporto globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che dal 2005 espone il trend di numerosi
indicatori sanitari che riguardano la salute.
In questa edizione 2023 vengono esaminati più di 50 indicatori relativi alla salute, che fanno parte sia dei target di sviluppo sostenibile, sia del tredicesimo programma generale di lavoro della stessa OMS (GPW- General Programme of Work).
In particolare, il secondo capitolo di questo documento di 130 pagine, si concentra sulle tendenze regionali e globali che riguardano gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda
2030 connessi a salute umana e sanità. Nell’ambito di questi indicatori, vengono approfonditi temi come la malnutrizione infantile, i rischi ambientali o il grado di copertura sanitaria, solo per citarne alcuni.
È molto interessante apprendere ad esempio che, a livello globale, i rischi sanitari e la mortalità associati alla maternità, al parto e alle malattie infantili sono drasticamente diminuiti fra il 1950 e il 2019. E questo è sicuramente un aspetto positivo.
Ma c’è altro.
Il Rapporto mette in luce i numerosi progressi che sono stati realizzati anche nelle aree disagiate, evidenziando però quanto il rischio sanitario degli individui resta globalmente elevato. Oltre ai rischi associati agli stili di vita malsani (consumo di alcol, obesità o ipertensione) si evidenziano sopratutto quelli legati all’inquinamento e ai cambiamenti climatici.
Viene stimato, ad esempio, che la quasi totalità della popolazione mondiale (il rapporto cita una percentuale del 99%) respiri aria inquinata da particolato atmosferico, con tutte le conseguenze che una tale esposizione può provocare sulla salute delle persone, soprattutto nelle fasce più fragili. Se a ciò si associa il fatto che, negli ultimi anni e già prima della pandemia Covid-19, è stato registrato un considerevole aumento della fetta di popolazione che non può accedere o non ha proprio accesso a servizi di assistenza sanitaria, il quadro è ben delineato ed è chiaro che siano fondamentali maggiori sforzi globali e dei singoli Paesi per conseguire i famosi obiettivi dell’Agenda 2030, ma non solo questi.
Uno dei capitoli del Rapporto si concentra specificamente sul rapporto esistente fra salute e cambiamenti climatici, a ulteriore conferma dell’inscindibile nesso fra ambiente e benessere: un legame che non può in alcun modo essere messo in discussione, anche alla luce dei recenti eventi che hanno caratterizzato e stanno caratterizzando drammaticamente alcune aree del nostro Paese.
Infatti, il cambiamento sempre più accelerato delle condizioni climatiche ci sta costringendo ad affrontare eventi meteorologici più intensi e frequenti. Questi influenzano a loro volta la salute sia direttamente (aumentando il rischio di decessi o la diffusione di malattie) che indirettamente, agendo negativamente sulle infrastrutture, anche sociali e di assistenza sanitaria, e degradando ulteriormente l’ambiente: aria, acqua e suolo ma anche sistemi alimentari e mezzi di sussistenza.
Non c’è più tempo. Il Rapporto sottolinea che ulteriori ritardi nell'affrontare la situazione condurranno ad effetti deleteri non solo minando alla base il progetto di garantire il diritto umano alla salute per tutti, ma anche riportando indietro le lancette dei progressi sanitari conseguiti negli ultimi decenni.
Agendo da subito in maniera unitaria e decisa a livello globale, invece, saranno indubbi i benefici sia in termini di salvataggio di vite umane che di risparmio sui costi da sostenere per il funzionamento dei sistemi sanitari sino ad arrivare alla possibilità di godere di sistemi maggiormente produttivi grazie ad una forza lavoro più sana. Numerosi studi mettono in luce anche l’enorme vantaggio economico che può derivare della lotta al cambiamento climatico, da intraprendere in tempi brevi, per poterne fruire in maniera piena e completa.
Il Rapporto, lungo tutta la sua trattazione, sostiene con forza l’evidente interconnessione dei sistemi naturali, economici, sociali e umani, messa ulteriormente in luce dall'intensificarsi dei cambiamenti climatici, fra l’altro evidenziando necessità di garantire finanziamenti adeguati a fronteggiare il climate change: integrare le priorità sanitarie nella programmazione delle azioni a contrasto dei cambiamenti climatici e viceversa integrare gli aspetti climatici nella programmazione sanitaria.
Infatti, viene riconosciuto come prerequisito per un buono stato di salute il vivere e fruire di ambienti sani: parliamo di acqua non inquinata, servizi igienico-sanitari adeguati, aria pulita, uso sicuro di sostanze chimiche, luoghi di lavoro sani e sicuri, pratiche agricole sane, città e ambienti urbani favorevoli alla salute, protezione dalle radiazioni, clima stabile e corretta tutela della natura.
Ma molta strada c’è ancora da fare.
Ad esempio, parlando di acque reflue l'indicatore SGD 6.3.1 tiene traccia della percentuale di flussi totali di acque reflue industriali e domestiche trattate in modo sicuro dal punto di vista ambientale e sanitario.
Secondo i dati riportati da due report delle Nazioni Unite, nel 2015, su 42 Paesi considerati, solo il 32% dei flussi totali di acque reflue ha ricevuto almeno un trattamento. Mentre, sulla base dei dati provenienti da 140 Paesi e territori, risulta che nel 2022 circa il 58% delle acque reflue urbane è stato trattato adeguatamente.
Parlando di qualità dell’aria, invece, abbiamo già detto che il Rapporto stigmatizza il fatto che la quasi totalità della popolazione mondiale non respiri aria pulita, a causa degli alti livelli di particolato fine presenti nell’atmosfera.
Nonostante miglioramenti registrati a partire dal 2015, nel 2019 l'esposizione media globale
ponderata per la popolazione al particolato nelle città si è rivelato ancora a livelli molto superiori rispetto a quelli raccomandati da linee guida per la qualità dell’aria.
Oltretutto, nonostante i progressi e le conquiste in materia di sanità pubblica, le disuguaglianze persistono.
Le popolazioni più vulnerabili continuano ad essere sottoposte a rischi sanitari maggiori a causa dell’esposizione a condizioni ambientali e sanitarie evitabili e che sono, invece, controllate in contesti con maggiore disponibilità di risorse economiche. Insieme a queste sfide, nuove malattie non trasmissibili associate a stili di vita malsani, rischi ambientali e invecchiamento della popolazione si diffondono anche fra le popolazioni più ricche, ma creano un carico doppio in quelle più povere.
E così vediamo, come sempre, che il prezzo maggiore di questo circolo vizioso viene caricato sui soggetti più fragili e con meno possibilità.
È quindi evidente quanto sia sempre più necessario ed urgente porsi obiettivi globali ed individuali che vadano nella direzione proposta dall’Agenda 2030.
Lo stesso Rapporto OMS ritiene che gli sforzi concertati, sostenuti dai diversi Paesi, dall'OMS stessa e dai partner al fine di promuovere, fornire e proteggere salute per tutti, e che saranno compiuti in questi anni che precedono il 2030, costruiranno una solida base affinché nei prossimi decenni possiamo pensare di raggiungere l’obiettivo di avere popolazioni più sane in tutto il mondo.
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