di Gioia Belardinelli
Come penso molti di voi, tempo fa ho visto la prima serie a mio avviso pazzesca e geniale di Zerocalcare (a brevissimo uscirà la seconda), personaggio che riesce sempre a strapparmi un sorriso e a farmi riflettere su temi che sento così vicini, ma che spesso non riesco a collocare e a dargli un senso.
Penso che la sua genialità stia proprio lì, in quella sua capacità di farti ridere e poi l’attimo dopo di farti singhiozzare in lacrime, e questo perché sta toccando aspetti che ci appartengono, che spesso non riusciamo a comunicare: le fragilità, le stranezze, le ossessioni, persino le mediocrità, che spesso cerchiamo di nascondere anche a noi stesse ma che Zerocalcare ci rovescia sulla testa senza nessun riguardo, senza alcun filtro.
La frase che mi ha più colpito ovviamente è: “È inutile che vivi fuori se muori dentro”, cioè è inutile riempirsi di distrazioni, tentativi di fuga, esercizi di superficialità, quel tenersi occupata e riempire le proprie giornate di inutile fuffa solo per non pensare a ciò che abbiamo dentro, che non abbiamo il coraggio di guardare.
C’è l’Armadillo che a un certo punto dice a Zerocalcare: “Sei cintura nera di come schivare la vita”.
Ecco, nella vita anche io sono stata spesso cintura nera di questa particolare “disciplina”, chiamiamola così, che vista la diffusione potrebbe candidarsi facilmente come prossima disciplina olimpica!:)
A volte mi è capitato, ma credo anche a molti di voi, di pensare che se riesci a schivare la vita poi non possono succederti cose brutte e quindi passi le ore, i giorni, i mesi, che poi diventano anni, sul margine delle cose senza mai affondarci le mani fino in fondo, perché così ti senti al riparo.
Facendo così però piano piano fai morire anche la parte di te stessa più vera, più viva, le tue idee, le tue ambizioni, la tua visione del mondo.
Devo ammettere che negli ultimi anni ho cercato anche io di schivare la vita, vivere sulla superficie mi è sembrato il modo più semplice per non soffrire. Poi però è arrivata la pandemia e non ho avuto, anzi, NON ABBIAMO AVUTO più scuse.
Tutte quelle “compensazioni”, di cui ha parlato tempo fa qui a Just Life lo psicoterapeuta Enrico Maria Bellucci, sono venute a mancare e quindi ci siamo trovati faccia a faccia con noi stessi e con il “vuoto” che abbiamo lasciato crescere negli ultimi anni.
Pensavamo di essere al riparo, che il nostro accontentarsi di quello che avevamo ottenuto anche senza troppa fatica alla fine ci potesse anche bastare, mentre gli anni passavano, tanto c’erano i viaggi, le cene, gli spritz che ci intontivano un po', i tragitti casa-lavoro, e invece durante la pandemia forse ci siamo resi conto che tutta quella roba lì era un’illusione, un muro di carta pesta.
Perché, come ho letto in un post bellissimo di Tlon che vi linko qui:
"Schivare la vita significa non riuscire a salire su quel treno che alle stazioni rallenta giusto un po’, su cui salgono al volo i vincenti e gli integrati per sedersi insieme a quelli che in prima classe ci sono nati. Schivare la vita significa perdere le occasioni migliori e accorgersene ogni volta senza riuscire a dimenticarselo mai, significa sentire costantemente quel senso di inadeguatezza, smarrimento e fragilità che Zerocalcare ha saputo raccontare magistralmente anche nella sua Serie Tv, che racconta alcune giornate di chi nella vita sta “impicciato” come una matassa enorme di cavi dietro a un televisore...”
...e parlare di questo significa mettere le mani su una materia incandescente di cui pochi, in questi anni, hanno voluto occuparsi.
Quindi che fare?
Posto che non esistono risposte definitive e buone per tutti, oggi vorrei affidarmi alle parole di un altro grande uomo che ho imparato a conoscere attraverso i suoi bellissimi video su YouTube, sto parlando di Matteo Saudino e la sua BarbaSophia; in particolare in uno dei suoi video in cui parla del film Fight Club in realtà parlando di noi Matteo dice che:
"...proprio come nel film, c’è in noi la possibilità della trasformazione da cammello a leone, in noi c’è la possibilità di andare al di là del crepuscolo, c’è la possibilità di riempire il vuoto e di colmarlo non con la mediocrità, con l’apollineo, con l’obbedienza, con l’essere degli yes men o yes women, ma con l’essere lottatori perché la vita è una battaglia di senso, perché la vita è una battaglia per dare un senso alla vita stessa, perché la vita il senso in sé non ce l’ha”.
E tutto questo ci riporta, vedete come tutto è circolare, alla frase di Sartre che è stata un po' la stella cometa del progetto Just Life e cioè:
"La vita non ha senso a priori. Prima che voi la viviate, la vita di per sé non è nulla; sta a voi darle un senso, e il valore non è altro che il senso che scegliete."
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