di Gioia Belardinelli
In questi giorni ho rivisto il film TUTTO IL MIO FOLLE AMORE di Gabriele Salvatores. Lo avevo già visto al cinema e anche stavolta l’ho trovato appassionante e commovente, con attori e attrici bravissimi e una colonna sonora indimenticabile.
Se non l’avete già fatto, vi consiglio di non perdervelo.
Comunque. Ciò che mi ha colpito davvero tanto è stata Valeria Golino, o meglio il personaggio che interpreta, quando dice ad Abatantuono, suo marito nel film, che non era quella la vita che si era immaginata, che pensava fosse tutto più facile. Ed è proprio allora che si sente rispondere - e da qui il titolo della puntata - che “La felicità purtroppo non è un diritto, ma è un colpo di culo”. Quel dialogo mi ha commossa, mi sono sentita super connessa, sembrava l’avessero recitato per me in quel momento.
Avete notato? Ci sono alcuni film, canzoni, libri, che quando li vedi, li leggi o ascolti, sembrano proprio stiano parlando con te, proprio “a te”. Capita anche a voi?
Comunque, questo dialogo l’ho sentito la prima volta nel settembre del 2019, dunque prima che la pandemia entrasse nella nostra vita, prima di iniziare a fare i conti con noi stessi, quindi in pratica un’era fa. E da allora devo dire che ho pensato spesso a quelle parole, anche perché non riuscivo proprio a rassegnarmi all’idea che la felicità fosse solo quella botta di culo di cui parlano Abatantuono e Salvatores.
Poi, appunto, è arrivata la pandemia e ho dovuto prendere coscienza che, sì, in effetti non era questa la vita che mi ero immaginata da bambina e che, sì, in effetti pensavo sarebbe stato tutto un po’ più facile.
Perché all’improvviso sono venuti a mancare i viaggi, le cene con gli amici e le amiche, gli spritz al tramonto, persino gli attraversamenti della città per raggiungere l’ufficio, la routine dei caffè con i colleghi, delle riunioni di lavoro, della palestra, insomma tutto ciò che, grazie allo psicoterapeuta Enrico Maria Bellucci, abbiamo imparato a chiamare COMPENSAZIONI. Che a me, del resto, sono sempre servite molto per non cadere troppo nel mio DENTRO DI TESTA, come lo ha definito benissimo Chiara Gamberale nel suo bellissimo libro “Come il mare in un bicchiere”.
Quello che è successo è che, focalizzando il mio pensiero su quella roba lì, nel frattempo sono successe anche cose belle nella mia vita, ma spesso non le ho proprio viste.
E allora ho iniziato a pensare che, sì, forse è vero che la felicità è un colpo di culo, ma ho anche pensato che in quel film ci si riferisce alla felicità che viene dall’esterno, a ciò che “ci accade”, in senso oggettivo, mentre forse la vera felicità è quella che viene da dentro ed è facilmente fruibile solo se riusciamo a farci amicizia, in una dimensione intima e soggettiva.
E cosa può aiutarci a tirarla fuori?
Sicuramente l’autostima, direi, un tema enorme, in effetti, cioè l’amore che abbiamo per noi stessi e la capacità che abbiamo di prenderci per mano con leggerezza. Perché se riusciamo ad accettare e a riconoscere che in noi siano presenti tante risorse, sebbene magari nascoste o che crediamo inaccessibili, da cui possiamo imparare ad attingere per gestire i problemi, risolvendoli o convivendo con le complessità, allora probabilmente possiamo riuscire a “vedere” e a “sentire” e quindi, alla fine, sì, anche ad essere felici.
In questi mesi ho capito che l'autostima è direttamente proporzionale alla consapevolezza, e sin da bambini è connessa alla valutazione delle proprie capacità e dei propri limiti e all'accettazione di entrambi.
Chi ha una bassa autostima finisce per avere aspettative negative sulla propria vita: va in ansia, limita le proprie esperienze e si impegna poco (pensando in tal modo di ridurre le esperienze legate agli insuccessi); ma così facendo non ottiene ciò che desidera (dunque aumenta la percezione di fallimento) indebolendo ulteriormente la stima e la sicurezza che si ha di sé stessi.
Chi invece può contare su una buona autostima, dunque su aspettative positive riguardo alla propria vita, si impegna quanto necessario e prova un'ansia adeguata alla situazione. E così facendo ottiene più facilmente ciò che vuole ma, ciò che è più importante, anche quando non ottiene ciò che desidera sa imparare dagli errori, non si abbatte ed è pronto a rimettersi in cammino. Insomma sa vedere ciò che gli è utile e trascurare ciò che è soltanto nocivo.
Dal canto mio, ho impiegato 40 anni per realizzare che la #libertà è uno stato mentale.
Ho impiegato 40 anni per capire che non c'è nemica peggiore di ciò che spesso abbiamo dentro e ci blocca.
Ho impiegato 40 anni per capire che la #felicità è una questione di prospettiva.
Ho impiegato 40 anni per capire che il mondo non è così com'è ma come noi lo percepiamo.
Ho impiegato 40 anni per capire che solo quando iniziamo a diventare le migliori amiche di noi stesse allora, e solo allora, riusciamo a godere la vita.
Ho impiegato 40 anni per capire che voglio essere #felice, anche se i problemi, quelli, ci saranno sempre, ma ci saranno sempre anche mille modi diversi per affrontarli.
Ho impiegato 40 anni per capire che voglio #vivere la mia vita e che tutte le risorse posso trovarle dentro me stessa.
E voi, che cosa pensate della felicità?
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