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Fashion&luxury: 4sustainability e la transizione verso la sostenibilità

L’intervista a Francesca Rulli 

di Gioia Belardinelli



Dalla passione per le tematiche ambientali e per i diritti della persona, inizia l’importante percorso lavorativo di Francesca Rulli, Ceo della società di servizi Process Factory e ideatrice di 4sustainability, un marchio che misura l'impatto ambientale e sociale delle filiere delle aziende della moda.






Le dinamiche che si sono attivate nell'ottica della transizione sostenibile sono sotto gli occhi di tutti e tutte, e non si tratta certo di una “moda” passeggera, come piace ripetere alle persone che si informano poco, ma una necessità ineludibile che non può più attendere. 


La sostenibilità è ambientale, sociale ed economica e può - anzi, deve - essere anche redditizia. Molte aziende hanno capito che è un investimento che fa bene a tutto, compresi gli affari. Lo chiedono i consumatori, che stanno ricollocando le loro scelte di acquisto su brand con ridotto impatto ambientale esigendo informazioni puntuali sulla tracciabilità dei materiali e sul rispetto dell’etica sociale. 


In tale contesto, il mercato tessile sta decisamente accelerando la transizione.


Allora Francesca, lei ha una storia professionale importante, che è sfociata in 4sustainability: ci racconta brevemente questo percorso?

Ho a cuore da sempre l’ambiente e i diritti della persona. Nel tempo, questo interesse è diventato passione e la passione impresa, grazie ad alcuni incontri felici sfociati in collaborazioni importanti. Process Factory nasce così nel 2008 e il focus, come si evince anche dal nome della società, sono i processi. Negli anni successivi, prende corpo l’idea di un sistema per supportare la transizione sostenibile della filiera moda. 4sustainability si sviluppa a partire dalla chimica sostenibile, per allargarsi poi a tutte le dimensioni chiave della sostenibilità. Nel suo DNA, c'è già l’idea che le sfide globali a cui il mondo moda è chiamato si affrontino solo con un approccio sistemico e che l’armonizzazione delle ‘regole del gioco’ sia la condizione necessaria per rendere questo approccio accessibile anche alle piccole, piccolissime e medie imprese. Oggi, 4sustainability è un framework e un marchio di garanzia che misura e garantisce la riduzione degli impatti ambientali e si avvale di una piattaforma per la gestione dei dati basata sulla collaborazione tra brand e imprese di produzione. L’ultimo capitolo di questo esaltante percorso evolutivo è la nascita di YHub, la prima holding italiana di servizi innovativi e piattaforme digitali che integra competenze, metodo e tecnologia per guidare la trasformazione del fashion & luxury.


4sustanability ha una storia ormai decennale: quali sono stati per lei i maggiori risultati conseguiti?

Lo strutturarsi del framework come sistema multidimensionale a supporto della transizione alla sostenibilità della filiera moda è certamente una pietra miliare. Le realtà che oggi se ne avvalgono, fra aziende di produzione e brand internazionali, sono oltre 250 e più di 2000 sono le imprese a monte: un risultato importante anche questo, tanto più che parliamo di un trend in continua crescita. Un’altra conquista è la creazione di una piattaforma digitale come Ympact sviluppata per supportare il sistema e farlo scalare a numeri esponenzialmente più grandi.

Terzo traguardo-chiave è l’aderenza di 4sustainability alle metodologie e alle iniziative globali più accreditate: cito a titolo d’esempio il riconoscimento di ZDHC del nostro protocollo per la chimica sostenibile, l’allineamento al Textile Exchange Materials Bechmark del protocollo 4s MATERIALS, l’adozione delle migliori pratiche di carbon e water footprint in coerenza con gli Science Based Targets e gli obiettivi di biodiversità…Infine le persone, che sono in realtà il fattore decisivo. Ecco, non c’è risultato più grande, secondo me, del poter contare oggi su un team di specialisti unico in Italia, con competenze multidisciplinari declinate sulle sei iniziative del sistema.


Come sappiamo, l’industria della moda sta virando verso la sostenibilità: nella vostra esperienza, quanta strada è stata fatta e quanta è ancora quella da fare?

Le aziende più lungimiranti della filiera hanno un livello di conversione alla sostenibilità molto buono. Mi riferisco a quelle che sono partite anni fa, individuando in un sistema come il nostro la strada certo più impegnativa, ma anche più seria e strutturata per trasformare in senso sostenibile i propri modelli di business. Oggi che il mercato si è espresso chiaramente sui termini di questo cambiamento e che anche il legislatore sta accelerando su temi strategici come la Sustainability Due Diligence o il Digital Product Passport, il vantaggio acquisito assume un’evidenza tangibile: perché i risultati cominciano a farsi apprezzare – sulla tracciabilità, sulla circolarità, sulla chimica sostenibile e la riduzione degli impatti, sul benessere aziendale… – e diventano fattore competitivo. Per chi parte oggi, evidentemente, la strada è più in salita.


Vi occupate anche di formazione: chi si rivolge a voi quali esigenze mostra maggiormente e quali gap conoscitivi vanno soprattutto colmati?

La formazione è un elemento imprescindibile del sistema 4sustainability, perché implementare progetti di sostenibilità, misurare le performance e ridurre gli impatti non è possibile senza conoscenza. La sostenibilità è materia giovane e soggetta a continue evoluzioni… Chi si occupa di sostenibilità nelle varie realtà della moda, inoltre, è raro che venga da percorsi formativi specialistici. Noi cerchiamo di supplire rivolgendoci da una parte ai giovani che vogliono occuparsi di sostenibilità e che devono proporsi sul mercato avendo delle basi coerenti per essere operativi in tempi ragionevoli e dall’altra alle risorse interne alle aziende per integrare le competenze che mancano e di cui non è più possibile fare a meno.


4sustainability viene definito come un sistema inclusivo e multidimensionale per la sostenibilità nella filiera della moda: ci illustra la vostra roadmap?

4sustainability è un sistema che brand e imprese del fashion & luxury possono rispettivamente riconoscere e adottare per costruire filiere di produzione sostenibili. Il framework, come ho accennato, è sviluppato e aggiornato per armonizzare i requisiti e le indicazioni delle metodologie e delle iniziative di settore più accreditate a livello globale: semplifica alle aziende la misurazione delle proprie performance di sostenibilità e consente la verifica e la validazione annuale dei progressi conseguiti come forma di garanzia e comunicazione al mercato.

Le dimensioni su cui ogni azienda può essere misurata sono la tracciabilità (4s TRACE), l’impatto ambientale (4s PLANET), la chimica sostenibile (4s CHEM), i materiali sostenibili (4s MATERIALS), la circolarità (4s CYCLE) e la responsabilità sociale (4s PEOPLE).

Ympact è la soluzione IT che permette l’esecuzione del sistema 4sustainability, con tutti i plus di una piattaforma collaborativa incentrata sulla gestione e il monitoraggio dei dati d’impatto.


Quali sono a vostro avviso le maggiori sfide che attendono in futuro il settore?

Difficile fare una sintesi esauriente… Diciamo che, specie negli ultimi tempi, l’agenda la sta dettando il legislatore europeo, con un lungo elenco di novità normative che impegnano i player del settore moda a stringere i tempi su diversi aspetti cruciali per il cambiamento. Penso alla Corporate Sustainability Due Diligence Directive, alla Green Claims Directive e all’Ecodesign for Sustainable Products Regulation, con il suo fondamentale capitolo dedicato alla costruzione di Passaporti Digitali di Prodotto. È una sfida affatto banale da affrontare, ma anche un’enorme opportunità, perché parliamo di uno strumento in potenza decisivo per la diffusione di modelli di produzione e consumo autenticamente sostenibili. Anche se le specifiche arriveranno nei prossimi mesi, le variabili fondamentali della trasparenza sono già identificate. Le aziende devono attrezzarsi perché i temi e le misurazioni in gioco richiedono preparazione, strumenti, metodi e tempi tecnici di metabolizzazione.

Altre sfide collegate sono la collaborazione di filiera e la comunicazione al consumatore. Tracciare la produzione è un obiettivo accessibile, ma bisogna agire con intelligenza. I brand, in particolare, devono definire una strategia che affronti il tema in maniera sistemica riferendosi a metodologie e piattaforme collaborative coerenti; devono premiare i fornitori in grado di portare avanti le stesse scelte di tracciabilità e sostenibilità con azioni concrete e misurabili, supportandone l’impegno anche attraverso partnership ad hoc; devono relazionarsi con istituzioni e ONG affinché la direzione sia la stessa... Solo in questo modo sarà possibile stimolare i consumatori a farsi le domande giuste e a preferire prodotti con informazioni credibili a bordo e/o soluzioni alternative incentrate sul recupero, il riuso e il riciclo.

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