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La violenza psicologica: quante e quali forme esistono?

L’intervista alla dott.ssa Laura Giovannini

di Gioia Belardinelli


La violenza psicologica è sottile e subdola perché viene riconosciuta con difficoltà sia dall’esterno sia dalla persona che la subisce. Di questa forma di violenza si è iniziato a parlare in maniera più frequente e diffusa soltanto negli ultimi anni, via via che l’attenzione verso i modi in cui un partner può diventare violento è cresciuta ed è aumentata la sensibilità verso questa problematica. 


Secondo i dati Istat sulle chiamate al numero antiviolenza 1522, considerando tutte le forme di violenza subite, quella psicologica è la più frequente. 


Oggi continuiamo ad affrontare questo argomento con la psicologa Laura Giovannini, andando a fare un pò di chiarezza su alcune tipologie di violenza psicologica e portando alla luce, al contempo, alcuni aspetti fondamentali che dovrebbero esistere nelle relazioni sane ed equilibrate. 




Allora Laura, quante e quali forme di violenza psicologica esistono?

La violenza psicologica può assumere diverse forme, molte delle quali sono più subdole e meno evidenti della violenza fisica, ma altrettanto dannose per la salute mentale e emotiva delle persone coinvolte. Ecco alcune delle forme più comuni:

  • Gaslighting: si tratta di una manipolazione che fa dubitare la vittima della propria memoria, percezione e sanità mentale, attraverso la distorsione della realtà e la negazione degli eventi accaduti.

  • Controllo e isolamento: coinvolge un monitoraggio costante e il controllo delle azioni della vittima, spesso limitando le sue relazioni sociali, la sua libertà e la sua autonomia decisionale.

  • Gelosia ingiustificata e stalking: l'aggressore può manifestare un eccessivo controllo e sospetti infondati sulla vittima, arrivando a comportamenti ossessivi e a una vera e propria forma di stalking.

  • Violenza del silenzio: si verifica quando l'aggressore nega alla vittima ogni forma di comunicazione, parola o sguardo, esercitando un ricatto emotivo attraverso il silenzio.

  • Iperprotezione e limiti eccessivi: questa forma di violenza coinvolge un eccessivo controllo da parte dell'aggressore, spesso in ambito familiare, che limita l'autonomia e lo sviluppo personale della vittima.

  • Conflitto di lealtà: si presenta quando la vittima viene messa in una situazione difficile, spesso costringendola a scegliere tra due parti, generando così senso di colpa e confusione.

Oltre a queste forme, esistono altre tipologie di violenza psicologica, come quella sociale ed economica, lo stalking molesto e le molestie sessuali o comportamentali. La violenza psicologica può presentarsi in varie combinazioni e intensità, causando danni significativi alla salute mentale e al benessere della vittima. Riconoscere queste forme è fondamentale per intervenire e offrire supporto a chi ne è vittima.


5) Durante le tue sedute ti capita ancora di avere pazienti che considerano la donna come un "oggetto" da possedere?

Nel corso delle mie sedute fortunatamente ho incontrato poche persone che considerano la donna come una proprietà o come un oggetto da possedere. Ma anche se risulta essere una minima parte, è comunque un dato allarmante.


Hai perfettamente ragione, anche se parliamo di una piccola percentuale, è un dato preoccupante su cui va fatto ancora tanto lavoro. Cosa si può fare in terapia? 

Gli uomini che manifestano questo tipo di atteggiamento spesso hanno difficoltà a comprendere il concetto di reciproco rispetto e libertà nelle relazioni. Possono essere influenzati da costrutti culturali o esperienze personali che li portano a percepire il controllo o il possesso sulla partner come normale o accettabile.

La consapevolezza e la comprensione di queste dinamiche sono fondamentali per affrontare tali atteggiamenti e lavorare verso relazioni più sane e rispettose. 

In terapia, è importante esplorare le origini di tali credenze e comportamenti, aiutando l'individuo a sviluppare una consapevolezza più ampia delle dinamiche relazionali e delle conseguenze negative di queste prospettive possessive.

Il lavoro terapeutico potrebbe coinvolgere l'analisi critica delle concezioni culturali sulla mascolinità, sottolineando l'importanza del rispetto reciproco, della comunicazione aperta, della comprensione dell'autonomia e dell'individualità della partner all'interno della relazione.

Inoltre, ho notato che alcuni uomini hanno difficoltà a concepire in modo sano lo spazio relazionale, trovando difficile equilibrare la propria individualità con la reciprocità nelle relazioni. 

In conclusione, affrontare queste questioni richiede un approccio terapeutico attento e personalizzato, che miri a promuovere la consapevolezza, a sfidare le credenze limitanti e a coltivare relazioni basate sul rispetto reciproco, sull'ascolto, sull'accettazione, sulla consapevolezza e sull'empatia.

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